Non ne ero a conoscenza. Apprendo proprio ora l'esistenza di ulteriore iniquità contro i lavoratori

Labour Weekly story: uso e abuso del patto di non concorrenza in Italia










La legge italiana prevede la possibilità di limitare lo svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti dopo la cessazione del rapporto con il precedente datore di lavoro. Questa possibilità viene garantita alle imprese principalmente al fine di tutelare i segreti e i processi aziendali. Il patto di non concorrenza post-contrattuale, come viene definito nella terminologia giuridica corrente, è valido quando le limitazioni imposte al dipendente sono circoscritte entro determinati confini. In particolare, il patto deve indicare i settori dove il dipendente non può operare  (ad es., produzione di capi di abbigliamento o produzione di autoveicoli), il territorio in cui opera il divieto (ad es., in Italia e Germania) e la durata, che non può eccedere i 3 anni o i 5 anni quando si tratta di dirigenti. Inoltre, le limitazioni alla concorrenza imposte al lavoratore devono essere adeguatamente remunerate attraverso la previsione di un corrispettivo specifico. 

Secondo uno studio presentato nel settembre 2022, il 16% dei dipendenti privati, circa due milioni di persone, sarebbe vincolato da un patto di non concorrenza post-contrattuale in Italia. A quanto pare, due accordi su tre non rispettano i requisiti previsti dalla legge per stipulare questo tipo di patti con i dipendenti. Lo studio ha anche rilevato che l’incidenza delle violazioni è maggiore nei casi in cui questo tipo di accordo avrebbe meno ragione di esistere, ossia nei patti stipulati con i lavoratori adibiti a mansioni di tipo ripetitivo o manuale, con coloro che guadagnano meno di 2.000 Euro al mese e con i dipendenti assunti a tempo determinato. 

Insomma, una possibilità garantita dalla legge alle aziende per tutelare i segreti e i processi aziendali si è trasformata in una forma di intimidazione verso i lavoratori, con lo scopo di inibirli dal cercare un’occupazione migliore e uno stipendio più alto. Questo utilizzo potrebbe generare delle distorsioni nel mercato del lavoro con l’effetto di limitare ulteriormente la mobilità dei dipendenti italiani che è già relativamente bassa rispetto agli standard internazionali. Per cercare di porre un argine a questa situazione è fondamentale conoscere i diritti garantiti dalla legge ai lavoratori subordinati. E questa newsletter, nel suo piccolo, prova a fare la sua parte. 


Avv. Alessio Amorelli 


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